Tempo di rientri, dopo la pausa
estiva e lo stacco reso possibile dalle vacanze agostane. Tempo, quindi, di
bilanci, valutazioni, progetti, paure, desideri. Ci aspetta un nuovo anno
lavorativo, con tutto ciò che comporta, e un nuovo anno di “relazioni
interpersonali”, da intrecciare, vivere, ridefinire, interrompere,
ripristinare…
La parola che in queste
circostanze viene invocata con maggior frequenza è “energia”. Dobbiamo ritrovare l’energia per affrontare il nuovo
anno, darci obiettivi più alti, vincere nuove sfide, risolvere situazioni che
ci tengono in stallo da troppo tempo. Energia, energia, energia…
E dove si trova l’energia? Spesso il senso comune (ossia tutti noi)
ne parla come se fosse qualcosa di
esterno all’individuo, che si possa “trovare” - appunto - o ci si possa “dare”: “Fatti forza!”, “Non
lasciarti sopraffare dagli eventi!”, “Trova l’energia per uscire da questa
situazione!”. Sono espressioni che abbiamo costantemente sulle labbra e che
rispondono al nobile intento di aiutare chi si trova in difficoltà o spronare
noi stessi.
Ma - tornando a noi - l’energia ce la si può dare? E come? Qui
dobbiamo rispondere in modo duplice. Se con quelle espressioni ci si riferisce
ad un’esortazione molto generica a non subire le condizioni che ci si trova a
dover gestire possiamo rispondere di sì: l’energia, in qualche modo, ce la si
può dare. O meglio, è possibile quantomeno impedire
che attorno ad uno stato emotivo spiacevole ci si avviti e ci si faccia
inabissare. Ma più di questo è difficile fare. Non è cioè possibile intervenire sui propri stati emotivi ed
indurseli a piacimento, come se si potesse scegliere se essere tristi o
felici, stanchi o riposati, entusiasti o scoraggiati.
Qualsiasi stato emotivo è l’esito dell’impatto che ha avuto su di noi
un certo episodio in rapporto a come “siamo fatti”, ossia alla storia da
cui proveniamo. In questa dinamica abbiamo pochi margini di intervento: viviamo
le cose come le viviamo e non possiamo indurci emozioni che non proviamo.
Ciò in rapporto a cui abbiamo
invece maggiori possibilità di cambiare
le cose sono le situazioni e le condizioni in cui ci mettiamo. L’energia
che ci scorre nelle vene proviene dal grado in cui la vita che conduciamo è
affine a ciò che ci piace, alle nostre disposizioni, a ciò che ci realizza e
soddisfa (anche se costa fatica) come persone. È questo il nostro carburante,
ciò che ci fa alzare la mattina con un certo piglio anziché un altro, ed è qui,
dunque, che dobbiamo concentrare la nostra attenzione: lavorare sulle
condizioni (le persone di cui ci circondiamo, il modo in cui occupiamo il
nostro tempo, ciò su cui investiamo le nostre risorse migliori, il lavoro che
scegliamo di fare - per quanto possibile), in modo da poter essere al centro
della “nostra” vita.
Detto in altri termini, la vita che conduciamo deve avere senso per
noi ed in rapporto a questo senso saranno affrontabili le difficoltà, le
fatiche, gli intoppi, le avversità. Se manca il senso complessivo del nostro
agire ai nostri stessi occhi (le “cause
finali”, come le chiama il filosofo Umberto Galimberti) l’energia vitale faticherà
a scorrere.
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