Nelle rubriche dedicate al benessere di giornali,
settimanali e riviste patinate non si parla d’altro: la Sindrome da Rientro dalle vacanze. E se ne parla in modo molto
serio e, a tratti, allarmante. Quasi come se si trattasse di una malattia, alla stregua di una polmonite,
o di un evento esistenzialmente critico,
paragonabile alla perdita di una persona cara o ad un cambiamento epocale nel
percorso di vita di una persona. Si tratta di una sindrome - così si legge – che
comporta irritabilità, umore depresso o soggetto a repentini sbalzi, apatia o
stati di ansia generalizzata, difficoltà a mantenere la concentrazione.
Insomma, è una sindrome da non sottovalutare – dicono gli
esperti - rispetto alla quale bisogna
prepararsi (con una serie di accorgimenti molto dettagliati), sulla quale è
opportuno intervenire laddove si presenti (con rimedi altrettanto puntuali) e
da monitorare nel caso in cui dia luogo a disturbi più gravi (come depressione,
sindromi ansiose, disturbi dell’umore…). Accorgimenti e rimedi – è opportuno
specificare – nella maggior parte dei casi assolutamente sensati, ma ai quale
sfugge la questione principale: perché
una persona sta così male nel momento in cui rientra nella propria vita quotidiana?
Scorriamo insieme velocemente le contromisure da mettere in
atto contro tale sindrome: affrontare con calma gli impegni che ci si trova
nuovamente a dover gestire; cercare di riprendere la vita lavorativa
dilazionando le incombenze più faticose; porsi degli obiettivi raggiungibili in
rapporto alle proprie forze e possibilità; tornare agli impegni della
quotidianità gradualmente facendo pause frequenti e possibilmente con orari
ridotti… Ci sono poi le indicazioni relative agli stili di vita: andare a
dormire presto e riposarsi almeno 8 ore al giorno; avere una dieta equilibrata,
ricca di frutta e verdura; fare ginnastica almeno due volte la settimana…
Infine i consigli più curiosi per i casi “gravi”: iniziare a pianificare le
prossime vacanze in modo da aver la possibilità di fantasticare già su qualcosa
di piacevole, oppure evitare di parlare delle vacanze appena finite per non
soffrire troppo! Per chiudere, ci sono le immancabili “formule magiche”: ridere
e pensare positivo, come se si potesse “scegliere” di ridere, a prescindere da
ciò che ci accade.
Buona parte delle indicazioni che abbiamo qui riassunto –
come dicevamo – sono assolutamente sensate; alcune sono anche importanti,
soprattutto quelle relative a stili di vita equilibrati. Ma ciò che sfugge, e
sarebbe importante chiedersi, rispetto alla “sindrome” che stiamo osservando, è
che cosa sta succedendo ad una persona che nel tornare alla “propria vita”
manifesta segni di disagio così profondo da doversi già prefigurare un’uscita
da tale condizione (ossia un’altra vacanza) per poter stare meglio. Detto in
altri termini, il punto non è tanto
“curare” la Sindrome da Rientro dalle vacanze, ma capire perché avvenga. Ed
è evidente che una comprensione di questo tipo non può che essere strettamente
individuale e personale.
Come abbiamo detto in altri interventi, ciò che proviamo, le emozioni che sperimentiamo nelle
circostanze in cui ci troviamo a vivere rappresentano
l’indicazione più preziosa circa il nostro benessere complessivo. Se
tornare al lavoro che abbiamo scelto comporta ansia, se riprendere i ritmi
della nostra quotidianità dà preoccupazioni tali da rendere turbolento il sonno,
se rientrare in un “clima familiare” ordinario, ossia non “dopato”
dall’eccitazione della vacanza, ci rende inquieti… se accade tutto questo è
forse opportuno farsi qualche domanda.
E’ cioè necessario chiedersi che cosa generi questo disagio e, in seconda
battuta, cercare di affrontarlo.
Con questo non intendiamo dire che il rientro dalle vacanze debba
essere accolto con manifestazioni di giubilo (perché significherebbe –
complementarmente – che qualcosa non ha funzionato in vacanza!), ma che, se genera una sindrome clinica, è opportuno
fare un punto complessivo sulla propria vita.
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