Passa ai contenuti principali

BICCHIERE MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO?

Questa volta partiamo dal buon vecchio senso comune, anziché dal sapere psicologico, e cerchiamo di sfatare alcuni miti, laddove, tendenzialmente, ci possono portare fuori strada rispetto al tanto agognato benessere.
Ci concentriamo in particolare su un’espressione che è familiare a tutti e che spesso viene citata per definire un atteggiamento generale verso la vita e anche una strategia per stare bene: il celeberrimo bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Il buon senso comune sollecita insistentemente un certo tipo di atteggiamento: “Guarda sempre il bicchiere mezzo pieno, non quello mezzo vuoto. Così sarà più facile affrontare le difficoltà e superare i problemi”. Ed ha le sue buone ragioni: fermarsi sul colpo di fronte alle difficoltà o crogiolarsi in un vittimismo impotente sicuramente non è un buon modo di affrontare i problemi. La psicologia, soprattutto di impianto cognitivista e comportamentista, ha dato consistenza scientifica a questo “atteggiamento mentale”. Le ricerche di Martin Seligman, solo per citare il più noto, sono veri e propri best seller del “pensiero positivo”, attorno al quale sono nate addirittura delle “scuole”.
Dobbiamo però osservare un pericolo, in questa modalità iper-efficientista, pericolo che cerco di sintetizzare con un esempio clinico. Diversi anni fa si è rivolto a me un professionista di mezza età che era stato lasciato dalla moglie in un modo per lui assolutamente inspiegabile. Voleva darsi ragione di ciò che era successo – per questo si era rivolto a me - e capire che cosa non avesse colto nella relazione con la moglie. Osservando il suo “stile relazionale” e la sua modalità personale di affrontare i problemi della vita abbiamo notato insieme come lui fosse “il Re del bicchiere mezzo pieno” – per usare le sue stesse parole. La sua filosofia di vita, su tutti i fronti, era vedere solo gli aspetti positivi, superare le difficoltà prima ancora di averle messe a fuoco con la necessaria attenzione, pensare positivo sempre e comunque, a oltranza. Modalità virtuosa – abbiamo osservato insieme - che in ambito professionale gli aveva permesso di raggiungere una posizione prestigiosa e grandi successi. Ma pian piano, mentre osservavamo i vantaggi di questa strategia, iniziavano a saltargli all’occhio anche alcuni limiti. Su tutti il non riconoscere e non saper dare peso ad alcuni preziosi indizi del malessere personale o relazionale. Come quando sua moglie, diversi mesi addietro, lamentava il fatto di sentire meno entusiasmo nel fare le cose insieme a lui, o che non era più felice come qualche tempo prima (e a lei stessa non era chiaro il perché e se ne faceva un cruccio), o che aveva meno desiderio di fare l’amore. Infine, negli ultimi mesi, aveva una leggera e persistente ansietta in sottofondo, che si faceva sentire soprattutto il sabato mattina, quando si prospettava del tempo libero da passare insieme al marito…
“Guarda il bicchiere mezzo pieno -  è sempre stato il leitmotiv del marito – abbiamo una bella casa, un ottimo lavoro, siamo una bella famiglia, non ci manca niente…”. E ancora: “E’ normale dopo dodici anni di matrimonio avere meno entusiasmo, fare meno l’amore, vivere le cose con più distanza. E per l’ansia ci faremo dare qualche goccina…”. E’ in quel momento, quando ha ripercorso i segnali lanciati dalla moglie e si è soffermato sul loro significato, che ha avuto l’intuizione decisiva circa la ragione per cui la moglie l’avesse lasciato così, senza neppure il tentativo di un riavvicinamento o una spiegazione. Per la prima volta ha guadato il bicchiere mezzo vuoto, ha visto e quindi letto diversamente, tutti gli indizi lanciati dalla moglie e mai, fino ad allora, considerati.
Tornando a noi: cerchiamo di osservare sempre – per quanto possibile - tutti gli aspetti di un fenomeno, di una relazione, del nostro benessere. E cerchiamo di soffermarci soprattutto su ciò che non funziona. Non per arrenderci alle difficoltà, ma per vederle bene, conoscerle a fondo, e quindi affrontarle. Se mi fa male la testa, mi è poco utile soffermarmi sul fatto che la gamba o lo stomaco, ad esempio, in quel momento non mi diano problemi. E’ opportuno che dedichi più attenzione alla testa, proprio nella misura in cui è dolente.

Spesso, dietro l’insistenza ad oltranza sul bicchiere mezzo pieno, si nasconde uno dei nemici più insidiosi del benessere psicologico, l’evitamento, al quale dedicheremo alcuni dei nostri prossimi appuntamenti.

Commenti

Post popolari in questo blog

ACCONDISCENDENZA, FALSA AMICA DELLE RELAZIONI

C’è un aspetto, toccato nello scorso approfondimento, che ha suscitato interesse e sul quale vale la pena soffermarsi a riflettere. In senso lato potremmo definirlo in questi termini: la possibilità di chiedere, e addirittura pretendere, una vicinanza partecipe , attenta, carica di dedizione e cura da parte dei nostri interlocutori più significativi (amici, parenti stretti, compagni/e). Abbiamo infatti sostenuto che in qualsiasi tipo di relazione deve esserci un equilibrio, in termini di investimento emotivo, tra i protagonisti della relazione stessa, altrimenti si genereranno conflitti e incomprensioni in grado di mettere in discussione il rapporto nella sua interezza. Ora cerchiamo di entrare più nel dettaglio di questo aspetto, anche perché si tratta di una considerazione parzialmente in contrasto con ciò che il senso comune prevede. Siamo cioè spesso portati a ritenere che l’accondiscendenza , ossia la propensione a venire incontro alle esigenze altrui, sia un valore in ass

PERDERSI... NELLA RELAZIONE DI COPPIA

Nello scorso intervento abbiamo insistito sul fatto che è inevitabile, per una coppia, andare incontro a conflitti. Anzi, ci siamo azzardati a dire che una coppia “in salute” è quella che è in grado di vedere i conflitti al proprio interno e di affrontarli prima che aprano una distanza incolmabile all’interno della coppia stessa. In questo senso avevamo parlato dell’importanza di “litigare bene” , espressione che sembra una contraddizione in termini, ma che, come vedremo, ha il suo senso. Se si litiga si è già “oltre misura” – direbbe il senso comune -  quindi non è possibile “litigare bene”. Quando si apre un conflitto è necessario mettere in atto tutto ciò che è a disposizione della coppia per uscire da quella condizione il più velocemente possibile. E’ una argomentazione, quest’ultima, che su un piano teorico appare assolutamente sensata, ma nasconde una pericolosa insidia: la possibilità che, in nome del quieto vivere, si mettano a tacere e si nascondano sotto il tappeto

COME SI DIVENTA CIO' CHE SI E'

Il benessere -  abbiamo argomentato la volta scorsa – ha a che fare con l’espressione delle proprie energie vitali e con la conoscenza di sé. Benessere non nel senso di sperimentare solo emozioni piacevoli – dicevamo - ma nel senso di padroneggiare meglio i propri vissuti collocandoli nella storia personale. Ma che cosa vuol dire “conoscenza di sé” , formula che ha percorso tutta la storia dell’Occidente sin dalla celeberrima indicazione socratica “Conosci te stesso”? Cerco di rispondere prendendo a prestito una poesia di Alda Merini che, indirettamente, indica un possibile percorso.  Il breve testo recita così: “Anche se la finestra è la stessa / non tutti quelli che vi si affacciano / vedono le stesse cose. / La veduta dipende dallo sguardo”. La veduta dipende dallo sguardo , scrive la poetessa. Charles Sanders Peirce , il padre del pragmatismo in filosofia, potrebbe farle idealmente eco ricordando che qualsiasi “fatto” è già un’interpretazione . Detto in termini più vicin